Era attesa prima dell’estate, e ora la sentenza del TAR è arrivata. Il permesso del Comune di Venezia per realizzare lo stabilimento balneare Aquarius Beach agli Alberoni è stato rilasciato senza effettuare la valutazione di incidenza ambientale. Dunque, ora, quel permesso non è più valido. Il Tribunale Amministrativo Regionale si è infatti pronunciato in favore del Comitato Ambientalista Altro Lido e del WWF di Venezia che, con la collaborazione di altre associazioni, tra cui Italia Nostra, Estuario Nostro, Venezia Cambia e LIPU, avevano denunciato l’assenza del fondamentale documento.
Nonostante l’appello già annunciato, lo stabilimento privato all’interno dell’oasi naturale degli Alberoni -gestito dall’imprenditore Andrea Chinellato e collegato al vicino resort di proprietà del gruppo Marzotto- difficilmente quest’estate potrà aprire i battenti: troppo stretti i tempi tecnici per il ricorso, nonostante nel sito dello stabilimento figurino ancora i tariffari per la stagione 2021, ovvero 25 euro per un ombrellone e due lettini, 30 nel weekend.
«Ancora una volta - scrive Paolo Fumagalli del Comitato Ambientalista Altro Lido - il TAR ci ha dato ragione, e adesso il Comune dovrà pagarci le spese. Ma siamo stanchi di dover ricorrere sempre alla magistratura per far rispettare dal Comune le norme urbanistiche». L’area degli Alberoni nella quale è sorta Aquarius Beach rientra nel registro europeo delle zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale per il suo habitat naturale, e in particolare per il prezioso sistema di dune grigie sempre più a rischio in tutto il Mediterraneo.
Riguardo la vicenda è intervenuta anche Monica Sambo, che con il gruppo democratico al consiglio comunale si era schierata in difesa degli Alberoni già l’estate scorsa: «Purtroppo è servito un ricorso delle associazioni - commenta la capogruppo - per bloccare questo scempio. È triste che in questo Comune per difendere territorio e ambiente si debba spesso ricorrere alle vie giudiziarie».
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