Un circolo vizioso che rischia di lasciare il MOSE incompiuto. Le imprese coinvolte nella gestione e nella realizzazione del sistema di dighe mobili avanzano 20 milioni di euro per opere già realizzate, ma su di loro grava la richiesta di sborsarne altri 58, per garantire l’operatività del Consorzio Venezia Nuova. È la richiesta formulata alle aziende dal commissario liquidatore Massimo Mian che, prima di procedere alla chiusura del Consorzio, è tenuto a ultimare le attività di competenza del sistema MOSE, cioè a terminare quelle opere che le imprese pesantemente indebitate non possono completare perché a rischio default.
«Se noi falliamo - dichiara Mirko Pizzolato, direttore di Legacoop Veneto - il MOSE non sarà finito e non si alzerà più». La svolta potrebbe avvenire il 5 maggio, quando è previsto un incontro preliminare al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, che dovrebbe dare l’ok allo stanziamento di 538 milioni destinato al Provveditorato alle Opere pubbliche del Triveneto, il quale finanzierà gli interventi.
Se però lo stanziamento del CIPE sarà finalizzato solo ai nuovi lavori, rimarrebbe la questione del debito pregresso che -secondo le imprese- «hanno creato altri», ovvero i commissari nominati dallo Stato dal 2015 al 2019. Probabile che i fondi per le imprese arrivino invece dall’aggio consortile del 12%, che si era azzerato in mancanza di cantieri.
Tra le imprese consorziate coinvolte c’è High Tide (ovvero Condotte, che da sola deve ulteriori 1.4 milioni), Covela (14.7 milioni) e Italvenezia (10.1, al cui interno c’è Mantovani, che deve altri 1.9 milioni), Kostruttiva con un milione e mezzo e via a scendere. L'associazione di categoria ANCE e Legacoop chiedono a Miani di farli entrare nella gestione del MOSE, e allo Stato di garantire un prestito-ponte attraverso gli istituti di credito, in attesa dello stanziamento dei fondi.
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