La peculiarità veneziana affonda il fatturato dei tassisti. Sono pochi, pochissimi i residenti che si servono dei taxi acquei o su gomma per spostarsi nel Comune di Venezia, così il tracollo delle presenze turistiche dovuto alla pandemia azzera, di fatto, anche le normalmente cospicue entrate dei conducenti di taxi. A rivelarlo è un’indagine della CGIA, commissionata dalla cooperativa Radio Taxi Veneto, ma l’evidenza era già sotto gli occhi di tutti in laguna, tra canali svuotati di imbarcazioni e moto ondoso quasi azzerato.
Secondo i dati raccolti, il fatturato dei taxi acquei è stimato essere sceso del 98% tra marzo 2020 e marzo 2021, con una perdita di incassi attorno ai 40 milioni di euro. Leggermente inferiore, ma sempre drammatica, la situazione per quanto riguarda i taxi su gomma, con un fatturato a meno 86% e una perdita di 7.6 milioni nello stesso periodo.
Sono 370 i titolari di licenza di taxi nel Comune di Venezia (ma con i sostituti l’indotto si allarga ulteriormente): tra questi, 250 sono taxi acquei, altri 108 sono taxi su gomma che operano nella terraferma veneziana, mentre altri 12 taxi su gomma stazionano al Lido. Una flotta massiccia che, priva di turisti, come il resto della città, rimane ferma.
È lo stesso studio a evidenziare che, senza presenze turistiche a Venezia, il settore rimane al palo: nel 2020 il traffico aereo di passeggeri negli aeroporti di Venezia e Treviso è sceso del 78% (-11.5 milioni), mentre i passeggeri legati alla crocieristica sono passati da 1.6 milioni a poco più di 5000, con un calo del 99.6%.
Assieme all’affossamento del settore a Venezia, precipita anche l’intero fatturato regionale: il 77.5% degli incassi del comparto taxistico del Veneto proviene dal Comune di Venezia, dove lavorano circa la metà dei titolari di licenze della regione.
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