Per consentire che mamma Camilla potesse sottoporsi alle cure necessarie per guarire dall'infezione ai polmoni dovuta al Covid-19, i medici dell'ospedale all'Angelo di Mestre hanno deciso di far nascere la piccola Penelope con un parto cesareo, un mese prima del termine della data presunta del parto. Contagiata dal virus, Camilla si accorge di essere positiva il 14 marzo, come risulta essere positivo al Covid anche il marito Piero. Nonostante le prescrizioni mediche la situazione peggiora e Piero, preoccupato per la salute della moglie, oltre che per quella per la figlia che la moglie porta in grembo, decide di chiedere l'intervento del 118.
Ricoverata con diagnosi di polmonite interstiziale severa il 25 marzo Camilla, tossendo, sente forti dolori al basso ventre. Gli specialisti dei reparti di Pneumologia, Ginecologia, Pediatria e Internisti dell'Angelo si consultano: la polmonite è peggiorata, e la mamma necessita delle cure che offre il reparto di terapia intensiva per potersi salvare. Si rende indispensabile far nascere la piccola Penelope, attraverso un taglio cesareo. Camilla riesce a vedere la bimba a distanza di sicurezza per non contagiarla, per 5 secondi, prima di essere condotta dalla sala parto al reparto di rianimazione, mentre la piccola viene accompagnata in una termoculla al reparto di patologia neonatale. Il padre, positivo al virus, deve attendere isolato a casa, appeso alle telefonate con le quali i reparti lo tengono informato delle condizioni di salute di moglie e figlia.
La sera stessa, il medico rianimatore lo avverte del peggioramento della polmonite interstiziale della moglie, tale da indurre la possibilità che potrebbe non superare la notte. Fortunatamente la situazione non ha risvolti tragici e Camilla riesce a riprendersi e tornare a casa, dopo una settimana, anche se ancora positiva e in isolamento. Senza poter stare vicino alla figlia, senza ancora averla abbracciata. La piccola, ancora nel reparto di patologia neonatale, compie alcuni miglioramenti, ma la vicinanza della mamma può essere determinante nel percorso di cura: pertanto il primario dei reparti di Pediatria e Patologia Neonatale, Paola Cavicchioli, decide con Camilla il ritorno, per lei, all'ospedale all'Angelo, dove sarà ricoverata in una stanza in isolamento a fianco della sua bambina, in modo che possano stare finalmente assieme.
Il 9 aprile Camilla può stringere per la prima volta sua figlia tra le braccia. I progressi della bimba sono notevoli ed è emozionante, per tutto il personale che ha condiviso questa esperienza, riunire mamma e figlia dopo la separazione forzata dovuta al virus. Per gli operatori del settore sanitario, se è importante proteggere i pazienti dall'infezione, è altresì indispensabile tutelare la relazione affettiva, soprattutto in casi (come questo) di nascita prima del termine, quando la presenza dei genitori fa parte del processo di cura.
Ora la famiglia è riunita a Murano, nella propria abitazione. Camilla è completamente guarita e la piccola Penelope non ha più la necessità di ausili medicali per respirare e nutrirsi. Edgardo Contato, direttore generale dell'ULSS 3 Serenissima, commenta: «Non c'è lieto fine migliore di questo, che possa fare felice un ospedale e l'ULSS. Si lavora quotidianamente per non far diffondere il virus, ma quando ciò avviene cerchiamo di fare il possibile affinché il virus non divida nessuno, tanto più una mamma dalla sua bambina».
Come affrontare la tragedia e aiutare gli altri ad affrontarla
RispondiEliminaL'editore di Monaco ha pubblicato il libro intitolato “Ogni terza donna”. La scrittrice, ha dedicato il libro a tutti i bambini stellati e ai loro genitori.
I bambini stellati in Germania vengono chiamati mai nati, quelli che sono morti durante il parto o quelli che sono deceduti poco dopo la loro nascita. Nel suo libro, la scrittrice dà voce alle donne che hanno perso i loro figli non ancora nati, ma non hanno rinunciato a una gravidanza con lieto fine, e anche al uomo che è sopravvissuto al dolore della interruzione della gravidanza della sua dolce meta. Queste storie dimostrano: coloro che hanno vissuto un trauma psicologico così grave dovrebbero assolutamente lavorarci su e non essere lasciati nella solitudine con il problema.
La stessa scrittrice ha affrontato un problema simile ai suoi tempi. – “Mi dispiace signora, ma non sento più il battito cardiaco del feto”, la stessa è rimasta senza parole dopo le fatidiche parole del medico durante uno dei suoi controlli di routine. Come ammette l’autrice del libro, non aveva mai vissuto un tale shock.
Gli specialisti della clinica di medicina riproduttiva del prof. Feskov hanno a che fare con storie simili ogni giorno e sanno quanto sia importante il sostegno per le famiglie che lo attraversano. Sono sempre pronti ad offrire soluzioni per coloro che sognano di diventare genitori.