Mentre i musei di tutta Italia si preparano alla riapertura, forse già all’indomani della scadenza del decreto governativo in vigore (vale a dire dal 16 gennaio), quelli gestiti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia rimarranno chiusi fino al 1° aprile. Ma non saranno solo le sale di Palazzo Ducale, Ca’ Pesaro e degli altri 9 musei della rete civica veneziana a rimanere sbarrate: con la cassa integrazione al 100% per tutto il personale, verrà interrotta anche l’attività scientifica, di conservazione e di programmazione dei musei.
La decisione riguardo al lockdown dei Musei Civici è stata rivendicata oggi dal sindaco e assessore alla Cultura, nonché vicepresidente di diritto della Fondazione, Luigi Brugnaro durante la conferenza stampa di fine anno: «Il nostro obiettivo è salvare l’azienda. Vogliamo essere pronti per quando torneranno i turisti». I veneziani non sono inclusi nell’equazione.
Un buco nero nell’offerta culturale della città d’acqua che però, in realtà, non corrisponde a un reale buco di bilancio: la Fondazione, a fronte di circa 7 milioni di perdite per mancati incassi nel 2020, ha ricevuto dal governo ristori per oltre 8 milioni, senza contare l’Art Bonus. Una cifra che permetterà all’istituzione di chiudere i conti in attivo, potendo contare anche sulle riserve liquide di altri 8 milioni accumulati nel 2019.
Una scelta di difficile comprensione, che non nasconde un certo imbarazzo nemmeno da parte dei vertici dei Musei Civici, i quali ancora non commentano ufficialmente l'accaduto. «Registriamo nei fatti - è il parere del consigliere comunale del PD Giuseppe Saccà - il disinteresse a rendere fruibili il prima possibile i musei della città. È un fatto grave, che non solo ha ripercussioni sui lavoratori diretti, per non parlare dei dipendenti delle cooperative, ma anche sull’attrattività e sull’immagine di Venezia che si vuole veicolare in Italia e all’estero».
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