lunedì 26 ottobre 2020

LA VICENDA DEI PILI APPRODA IN PARLAMENTO CON FERRAZZI. INTANTO LE OPPOSIZIONI CHIEDONO UN CONSIGLIO STRAORDINARIO

“L’affare Pili” non accenna a sgonfiarsi. Lo sviluppo urbanistico dei terreni situati tra l’inizio del ponte della Libertà e Porto Marghera è al centro di interrogativi sempre più pressanti: la proprietà dell’area acquisita da Luigi Brugnaro attraverso la società Porta di Venezia nel 2005 è confluita poi nel blind trust a cui è ricorso il primo cittadino sul finire del 2017. Ma il trust -che ha mantenuto invariata la governance del gruppo e il management della società- non sarebbe sufficiente a mettere a riparo il sindaco da un presunto conflitto di interessi.
Dopo la richiesta di convocazione di una seduta straordinaria del consiglio comunale in materia, che ha raccolto l’adesione trasversale delle minoranze e raggiunto il numero di firmatari necessario affinché la richiesta venga accolta, ora la questione approda anche a Roma. Il senatore veneziano del PD Andrea Ferrazzi, assieme a undici colleghi, ha infatti chiesto alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese di intervenire, facendo riferimento all'articolo 78 del Testo unico per gli enti locali (D.Lgs. 267/2000), secondo il quale «gli amministratori devono astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti».
L'obbligo tuttavia non viene applicato ai piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore. E sarebbe proprio questo il caso: secondo le opposizioni, Brugnaro avrebbe ripetutamente violato la norma, partecipando e intervenendo alla seduta consiliare del 5 febbraio 2018 che approvò un ordine del giorno in cui venne espresso parere favorevole al poderoso sviluppo urbanistico dei Pili il quale, per essere attuato, necessitava dell'approvazione di varianti alla strumentazione urbanistica comunale.
Nel mirino dei parlamentari anche successive delibere della giunta comunale, datate 2018 e 2019, in cui è stato votato il cambio di destinazione di spesa per la costruzione di un ponte ciclopedonale da San Giuliano all’area del Pili, e un’altra nella quale è stata prevista la realizzazione di un nuovo canale che collegherà direttamente la zona dei Pili con la Marittima e il centro storico di Venezia attraverso il canale Vittorio Emanuele III.
Tornando al consiglio comunale invece, per Andrea Martini non c’è solo la questione del conflitto d’interessi: «Ciò che preoccupa per l’area dei Pili è la situazione ambientale», sostiene il capogruppo di Tutta la Città Insieme. «Se il conflitto pesa in ambito politico e sulla gestione della città - continua l'ex presidente della Municipalità di Venezia - ancor più pesa la spada di Damocle dei rifiuti tossici, perché col passare del tempo la tossicità si ramifica in profondità, le arginature sono sempre meno efficaci nell’azione di contenimento e gli effetti di eventi atmosferici devastanti rendono questi luoghi giorno dopo giorno sempre più pericolosi».

A complicare ulteriormente la vicenda, la vendita di due palazzi di proprietà del Comune di Venezia al magnate Ching che avrebbe dovuto poi partecipare ai piani di sviluppo dell'area dei Pili, non andati a buon fine a causa delle mancate bonifiche. Proprio su questo pone l’accento Marco Gasparinetti di Terra e Acqua: «Come portavoce della piattaforma civica 25 Aprile - spiega l'ex candidato a sindaco - a cavallo fra il 2017 e il 2018 e assieme ad altri avevo fatto rilevare la coincidenza fra il soggetto terzo di cui già allora si parlava per le bonifiche ai Pili e quello a cui il Comune di Venezia aveva venduto il palazzo Poerio Papadopoli, sede del Comando della Polizia Municipale, e Palazzo Donà ex sede dei Servizi Sociali».

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