Una Venezia inedita e allo stesso tempo familiare, come solo un luogo dell’anima può essere. È quella che emerge dal cortometraggio "Venezia Anno Zero", girato dall’artista, fotografo e videomaker veneziano Andrea Morucchio durante il lockdown, e proiettato almeno fino al 12 novembre alla Bottega Cini di San Vio. Tredici minuti di immagini “rubate”, ovvero riprese senza permesso tra il 17 marzo e il 17 maggio, in una Venezia deserta e improvvisamente libera dalla pressione dell’overtourism.
Un progetto che fin dal titolo rosselliniano evoca simultaneamente realismo e poesia: «Il lockdown - commenta Morucchio ai microfoni del network Azzurra - ha fatto riemergere quello spirito primitivo della città che ha stimolato la forza visionaria dei primi abitanti delle barene a creare qualcosa di straordinario». Una città svuotata, silenziosa che torna a essere patrimonio di tutti, veneziani per primi, grazie alla sua pura bellezza colta con grazia e talento visivo dall’artista locale.
Ma dietro alla meraviglia e alla perfezione formale delle inquadrature, e alla ricercata cura del suono, si mostra in bella vista anche un necessario messaggio socio-politico: «Vorrei che il visitatore fosse stimolato da questa armonia, da tanta bellezza - continua l’autore - proprio come lo era stato, in maniera totalmente diversa, dalla mia installazione multimediale del 2015 “The Rape of Venice”. Raggiungendo la parte emotiva dello spettatore, con “Venezia Anno Zero” vorrei che il pubblico svolgesse automaticamente una riflessione attorno a cosa sta succedendo a questa città».
Il cortometraggio è un atto d’amore e d’artista per la sua città, un viaggio emozionante e coinvolgente che continua a commuovere gli spettatori, alcuni dei quali sono stati intervistati dallo stesso Andrea Morucchio a corollario del progetto VAZ. «Si percepisce in chi ha visto il film - conclude il regista - la motivazione a esprimersi, a fare qualcosa contro la devastazione di una città che è in mano alle speculazioni più ardite».
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