lunedì 30 marzo 2020

UNA DOMENICA MATTINA AL REPARTO DI MALATTIE INFETTIVE DELL'OSPEDALE CIVILE DI VENEZIA, NEI GIORNI DELL'EMERGENZA VIRUS

Turni potenziati nel reparto di Malattie Infettive dell'ospedale Civile di Venezia. Il carico di lavoro è aumentato di tre, quattro volte rispetto ai periodi di normale attività: ma all'interno della squadra, che ora lavora con tre infermieri per turno, anche di notte, si respira un clima di attenzione e collaborazione. «È aumentata alla responsabilità - spiega la dottoressa Erika Morelli, in turno di domenica mattina - ed è sicuramente aumentata la tensione: sentiamo di dover dare, anche di fronte a questo aumento dei casi, la stessa cura e la stessa assistenza a tutte le persone ricoverate».
Il periodo di degenza, nelle stanze isolate delle Malattie Infettive, può non essere facile per i pazienti, spesso anziani, che hanno contratto il Coronavirus: «Ci vorrebbero sempre in stanza con loro - racconta la dottoressa Morelli - per alleviare la solitudine che li prende, per alcuni pesantissima. Siamo il loro contatto con il mondo di fuori, che sembra loro sfuggire, e siamo il loro contatto con i familiari, che non possono accedere al reparto, anche perché spesso a loro volta sono in isolamento o in quarantena per verificare un eventuale contagio».
Così il personale si dedica con molta disponibilità ai contatti telefonici: «I familiari chiamano, chiedono, ringraziano. Si costruisce un rapporto intenso, e mai fino ad ora abbiamo sentito chi telefona lamentarsi; al contrario, i familiari comprendono molto bene che ogni regola di isolamento, ogni restrizione introdotta nel reparto di Malattie Infettive è necessaria per il bene dei degenti, per garantire loro ogni possibile via di uscita dalla malattia». E dal loro letto, i pazienti sanno che il personale è come la loro finestra sul mondo: ogni volta che i pazienti vedono aprirsi la porta della camera isolata, sanno che arriveranno, dalla voce dei medici o degli infermieri, i saluti dai parenti, l'incoraggiamento di chi ha chiamato, di chi ha chiesto informazioni sulla salute del proprio caro ricoverato.
In realtà, gli operatori sanitari devono fare attenzione, quando entrano nelle stanze, al pieno rispetto dei protocolli: «Questo non è un reparto normale - spiegano - perché qui ad ogni accesso gli operatori devono indossare i presidi anticontagio. Ad ogni stanza si accede attraverso una particolare anticamera, in cui avviene ogni volta la vestizione e poi, uscendo, la svestizione. È un processo complesso, che non può essere ripetuto ogni volta che il paziente ci vorrebbe al suo fianco, ma secondo una precisa programmazione, anche perché è importante utilizzare questi dispositivi di sicurezza in modo appropriato».
E poi c'è il «casco": «Molti dei degenti - spiega la dottoressa Morelli - hanno necessità di supporto quanto alla respirazione; e qui in reparto viene loro fornito attraverso un ventilatore a pressione positiva, che per la sua forma e per la modalità d'uso chiamiamo comunemente "casco". È un presidio importante, una strumentazione meno invasiva rispetto ai respiratori che invece si utilizzano nei reparti di Terapia Intensiva; ma ad alcuni pazienti questo strumento dà un ulteriore disagio, perché si sentono isolati ancora di più, ancora più costretti, ed hanno una sorta di reazione claustrofobica. Quando entriamo, per il pranzo e per le operazioni di consueta igiene, per loro siamo noi il vero momento di respiro libero».
Proseguono le infermiere: «Guardiamo ai degenti come a persone che, in mezzo a questa emergenza, ci sono state affidate, e a noi si affidano. Siamo con loro, anche quando la situazione si aggrava, ed è necessario trasferirli in Terapia Intensiva». Il passaggio alla Rianimazione, però, non è una sentenza: «Anzi: il paziente che passa al reparto intensivo è affidato a cure più forti, e necessarie. Sappiamo che i colleghi della Terapia Intensiva hanno le stesse attenzioni, e lo stesso obiettivo: restituire alla vita normale i pazienti che giungono all'ospedale, con ogni mezzo possibile».
E alcuni dei pazienti, anche se purtroppo non tutti, tornano dalla Rianimazione al reparto di Malattie Infettive, una volta superata la fase più critica: è la dimostrazione che si può vincere la battaglia anche contro le forme più gravi di contagio. «Alcuni pazienti poi - continua la dottoressa Morelli - dopo un certo periodo risultano non più positivi al Covid-19. Allora dal reparto, o addirittura dalla Rianimazione, vengono accolti dall'area medica, dai reparti "normali" quali Medicina e Geriatria. La collaborazione con le altre équipe dell'ospedale è piena: ad esempio, sentiamo fortemente la disponibilità dei colleghi dell'area medica, pronti ad accogliere i pazienti non più contagiosi, consapevoli che così si libera una postazione preziosa per chi invece è malato di Coronavirus».

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