LA STORIA E I NUMERI. Il termine “Lyme” deriva dal nome dell’omonima cittadina nel Connecticut dove, nel 1975, si presentarono numerosi casi – una vera e propria epidemia - di artrite preceduta dalla comparsa di eritemi al tronco, con chiazze che potevano avere diametro di 10-50 cm. Si scoprirà che quella infezione era stata provocata da batteri trasmessi, ai malcapitati, tramite il morso di zecche infette. Una malattia che torna a far parlare di sé nei periodi caldi e temperati e che è tipica delle regioni del Nordest. E’ una malattia altamente diffusa nei Paesi dell’area temperata, con una presenza importante in montagna fino a quote di 1800 metri: “Quanto al nostro Paese - spiega il Primario di Dermatologia della Ulss 3, Massimo Donini - la si può considerare ormai endemica nelle regioni del Veneto, del Friuli Venezia-Giulia, del Trentino, oltre che in Emilia, in Liguria e in Piemonte; sono invece sporadiche le segnalazioni di questa patologia nelle regioni del sud”. “Si tratta di una patologia che ci riguarda molto da vicino – continua il Primario di Dermatologia insieme al primario della Malattie Infettive di Mestre, Sandro Panese – che possiamo dire collegata alle nostre montagne, ai luoghi ed al clima delle nostre vacanze. La diffusione della ‘Malattia di Lyme’ è legata a quella del suo vettore principale, la zecca dei boschi (Ixodes ricinus): si diffonde l’insetto e si diffonde la possibilità di contrarre la patologia: in Italia se ne conta circa un migliaio per ora diagnosticato e nel Veneto circa 60 casi all’anno. La zecca contaminata tramite il sangue di cui si nutre, trasmette all’uomo i batteri della malattia (Borrelia Burgdorferi et al.) attraverso le sue punture: con questa azione, l'artropode si conferma essere un “killer” non da poco, se si pensa che tra gli insetti veicolanti infezioni è seconda solo alla zanzara portatrice della malaria”.
I SINTOMI E LA CURA. Circa il 20% delle persone contagiate dalla Borrelia non presenta inizialmente alcun sintomo. Nel restante 80% la malattia si annuncia generalmente nel periodo primaverile-estivo-autunnale con la comparsa di un'unica lesione cutanea eritematosa, che appare dopo un intervallo di 3-30 giorni dal contagio, all’inizio di dimensioni limitate e presente nella sede della puntura; via via la macchia si estende fino a diventare un eritema anulare che si espande progressivamente e lentamente fino a chiazze di oltre 10 cm di diametro anche in altre sedi corporee (eritema migrante). All'eritema si associano sintomi simil influenzali come febbre, cefalea, artro-mialgie migranti ed intermittenti e spossatezza. Se non trattato, l'eritema dura in media 3-4 settimane ed in seguito può recidivare con lesioni multiple ma di minori dimensioni. Se non curata in tempo, la persona contagiata comincerà ad accusare dolori e gonfiore alle articolazioni (artrite nel 60% dei casi ) che durano anche mesi, potranno associarsi complicanze neurologiche come la meningite o la polineurite nel 15% dei casi (con difficoltà di deambulazione, acufeni, perdita di memoria ed instabilità comportamentale) ed anche disturbi cardiaci nel 4-8% dei casi; Nelle donne in gravidanza, l'infezione può essere trasmessa al nascituro e può aumentare il rischio di aborto spontaneo. “I test diagnostici ed i protocolli di terapia per la Malattia di Lyme sono in continua e importante evoluzione – aggiunge il dottor Donini – e gli specialisti si confrontano con regolarità sulle recenti innovazioni in materia di individuazione della patologia, e poi in materia di cura della stessa, sostanzialmente fondata sull’uso di determinati cicli di antibiotico terapia; lo scorso anno proprio a Venezia abbiamo affrontato, in un congresso nazionale organizzato dalla Dermatologia dell’ Ulss 3 Serenissima in collaborazione con l'Associazione Lyme Italia e Coinfezioni" e con l'Università degli Studi di Trieste, il tema fondamentale della vaccinazione, recentemente introdotta negli Stati Uniti, e della possibilità di utilizzarla in futuro anche in Europa, dove risulta per ora spesso inefficace poiché la malattia è provocata da uno spettro in buona parte differente di Borrelie (non solo B Burgdorferi ma anche B Afzelii, B Garinii )”.
LA PREVENZIONE. Quindi la prevenzione rimane una tappa importante da considerare: esistono infatti alcune precauzioni volte a ridurre notevolmente la possibilità di contatto e morso di zecca, che consistono nell'indossare abiti chiari (al fine di vedere meglio l'insetto), coprire le estremità inferiori con calze chiare, impiegare pantaloni lunghi, indossare un cappello, seguire i sentieri ed evitare di attraversare i prati con erba alta, ed al termine della escursione effettuare un attento esame visivo del corpo e degli indumenti. Anche i cani al seguito andrebbero trattati con repellenti e controllati al rientro dall'escursione (meglio se prima di rientrare in casa). Va ricordato infatti che la zecca punge generalmente piccoli e grandi mammiferi (roditori, cervi) e uccelli per nutrirsi del loro sangue, per cui si trova in genere negli ambienti frequentati da questi animali (bosco e sottobosco, prati e radure con erba alta). Qualora si debba individuare una zecca, questa va rimossa il prima possibile in quanto la probabilità di contrarre un'infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull'ospite: infatti solo dopo alcune ore la zecca inizia a rigurgitare parte del suo pasto, inoculando nell'ospite gli eventuali patogeni. Nella procedura di rimozione occorre evitare l'impiego di alcool, acetone, trielina, olio o unguenti per evitare di indurre il rigurgito di sangue dalla zecca all'uomo, cosa che favorirebbe la trasmissione dell'infezione; si deve quindi afferrare con una pinzetta a punte sottili evitando di schiacciarla e rimuovere tirando dolcemente con rotazione (in farmacia si trovano appositi estrattori). La zecca estratta può essere conservata in alcool o congelata nel caso la si voglia inviare presso un centro specializzato per la ricerca di possibili agenti patogeni presenti nel parassita. Nel sito della "Associazione Lyme italia e Coinfezioni" sono scaricabili volantini indicanti i principali centri in Italia per la ricerca dei potenziali patogeni. Nel caso che nei successivi 30-40 giorni si noti la comparsa di segni e sintomi di infezione prima descritti, diventa opportuno rivolgersi al medico curante per una prima valutazione clinica. Può essere comunque utile, nel caso di puntura di zecca subita, rivolgersi a centri specializzati per prendere tempestivamente i giusti provvedimenti.
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